Sabato 14 novembre, presso lo spazio Milano Nera alla Libreria Mursia di Milano, si è svolta la presentazione di “Il mio vizio è una stanza chiusa” antologia di racconti pubblicata in una delle collane del “Giallo Mondadori“. Presente il gotha della narrativa giallo/noir/thriller/horror (ormai siamo in balia di generi e sottogeneri), la presentazione ha visto una folta presenza di pubblico e di addetti ai lavori del settore. Tra gli autori, erano presenti, oltre al curatore Stefano di Marino, Barbara Baraldi, per l’occasione da Bologna, Andrea Carlo Cappi, Andrea G. Colombo, Claudia Salvatori e Daniela Basilico. Inoltre nel pubblico si sono visti Cristiana Astori, Paolo Grugni, Adriano Barone, e molti altri nomi emergenti di cui si riparlerà in futuro. Figura portante di questa e di molte altre iniziative analoghe degli ultimi anni, il responsabile del settore edicola della Mondadori: Sergio Altieri.

Scrittore di successo lui stesso, Altieri ultimamente ha dato un’impronta netta e personale alla conduzione di alcune storiche collane da edicola: Giallo Mondadori, Segretissimo, Urania e le molte altre collegate. Sotto la sua gestione la presenza di autori italiani è aumentata in modo esponenziale e – contestualmente – si sono rivelati una serie di fenomeni letterari di qualità più che dignitosa. Il segreto – se così lo si vuole chiamare – di questo successo, è senza dubbio nel lavoro di squadra. Altieri si è guadagnato la fiducia di un nutrito gruppo di validi scrittori, spesso finora costretti nel rigido schematismo del prodotto da edicola, e che oggi, nelle condizioni di poter esprimere le loro capacità, sono in grado di produrre una serie di opere che non hanno assolutamente nulla da invidiare alle migliori scuole straniere.

E la miglior risposta la sta dando il pubblico dei lettori, che accorre numeroso alle presentazioni, come è successo oggi, e come si era già visto all’incontro relativo a “Bad Prisma“, antologia horror a cura di Danilo Arona (che tra l’altro compare anche qui ne ‘Il mio vizio’). La qualità della scrittura di genere è cresciuta in parallelo con la richiesta del lettore: ulteriore dimostrazione – se mai ve ne fosse stato bisogno – che un pubblico di qualità nasce e cresce se c’è un offerta editoriale altrettanto di qualità.

Entrando nello specifico dell’antologia, il fulcro narrativo è dato dal cinema ‘thrilling’ italiano, contestualizzabile nella produzione degli anni settanta. Il riferimento è quindi a tutta quella cinematografia cosiddetta di serie b che per molto tempo, nonostante l’assoluta mancanza di riconoscimento dal mondo della cultura ‘alta’, ha invece proposto al pubblico storie comprendenti una serie di tematiche socialmente dirompenti ed aggressive.

Il corposo saggio sul tema che il curatore di Marino inserisce nell’antologia è assolutamente esaustivo, ed un piccolo gioiello per gli amanti del genere. I racconti quindi sono tutti pensati come delle sceneggiature sul genere, e tutti – per precisa richiesta del curatore – ambientati in Italia. Prima di concludere vorrei citare anche Alda Teodorani e Patrick Fogli, gli ultimi due autori presenti e che finora non avevo nominato, ma che certo non hanno bisogno di ulteriori presentazioni, vista la loro notorietà.

Vorremmo quindi – in futuro – continuare a leggere opere come queste, scritte da narratori italiani che, evitando polemiche da pollaio sull’etichetta da mettersi in fronte la mattina, compiono un lavoro serio, di ricerca, documentato, dove spesso si giunge a comprendere le motivazioni di comportanti sociali altrimenti inaccessibili con altri strumenti, e – cosa che non stona – spesso anche vincenti dal punto di vista delle vendite.

Pubblicato su Il recensore.

Inoltre qui trovate una gustosa intervista a Stefano proprio a proposito dell’antologia.

e infine qui il booktrailer.

E’ l’ultima avventura del Professionista, anche se cronologicamente si situa prima di “Pietrafredda”. Il romanzo scorre liscio, scivola pagina dopo pagina, scritto con la maestria e la perizia a cui Stefano Di Marino ci ha da lungo tempo abituato.
Non ho intenzione di fare spoiler, per cui non racconterò nulla della trama, articolata e suggestiva, svolta in maniera eccellente tra flashback e tempo reale.
I riferimenti presenti nel testo sono come sempre in numero molto elevato, da quelli più espliciti, ad altri molto più nascosti. Herzog, Chatwin, i templari, le dottrine esoteriche europee e orientali, la cinematografia di genere e molto altro.
Di Marino si rivela ancora una volta, nella sua modestia, uomo in possesso di enciclopedica cultura, oltre che di una conoscenza approfondita e di prima mano delle location in cui ambienta i suoi romanzi, che si tratti di Bangkok, della Corsica, di Tallin o dell’interno della Nigeria.
Quindi ancora un’opera eccellente, in linea con le altre avventure del Professionista. Certamente la serialità non ha abbassato la qualità in questo caso.
Ci sono però degli aspetti che – pur non essendo delle novità a tutti gli effetti – rappresentano delle tendenze in corso nella scrittura di Di Marino.
Una considerazione si pone immediatamente a proposito della necessità di incalzare tematiche che siano adeguate all’attualità. La situazione geopolitica nelle opere del professionista è sempre perfetta e precisa, così come la presenza e l’utilizzo di strumentazioni scientifiche – oltre che di armamenti – che sono assolutamente verificabili ed esistenti (al di la della logica della fiction: verificabili nel senso di possibili).
Di questo si deve dare merito a Di Marino ed alla sua professionalità, ma è un indice anche del sempre più alto livello qualitativo dei lettori di “Segretissimo” che certo non si limitano a sfogliare le pagine acriticamente.
Inoltre con lo stesso spirito devono essere interpretate le questioni etico-morali che Chance Renard sempre più frequentemente si pone riguardo alla sua vita ed al suo lavoro. Oggi è doveroso – per compiere una seria costruzione narrativa – presentare questioni che qualsiasi essere umano si pone. Specie nel momento in cui il tuo lavoro ti porta ad avere a che fare con il lato peggiore degli individui. Sempre più spesso Chance e Antonia si chiedono tra le righe il senso ed il valore di ciò che fanno. C’è una relazione tra ciò che si è, ovvero – come ci racconta da sempre la tragedia greca – il proprio destino, la propria intima natura, e le proprie scelte?
Sempre più spesso Renard si chiede se è vero che non può vivere fuori da quel mondo, e la domanda si allarga di fronte a lui, assumendo scenari globali, ma è proprio vero che non si può vivere in un mondo di pace? Davvero dobbiamo dare per scontato che il nostro sia un mondo di dolore e sofferenza?
Il Professionista fa il suo lavoro, ma lo fa sempre meno volentieri, seguendo il decorso del vecchio compagno che muore di cancro e gli chiede: “Ma non hai mai pensato a cambiare vita?” Il mondo delle spie e dei contractors cambia sempre più velocemente, e Renard, uomo della Legione, uomo dotato di valori, con dei principi, che spesso è costretto ad infrangere, ma che conosce intimamente, non si riconosce in ciò che sta diventando.
Ed è qui che lo possiamo dire: Chance Renard sta diventando vecchio. La sua ‘anzianità di servizio’ gli pesa, il combattimento non lo gratifica più come un tempo, e l’adrenalina è ormai solo una reazione biologica. Il rettile è stanco, ed in fondo avverte il suo essere preistorico, stellarmente lontano da chi vive la guerra dietro ad una scrivania comandando droni o robot.
Non si combattono più ideali, ma solo grandi complessi industriali che hanno inglobato ogni aspetto della globalizzazione: dall’industria ai traffici peggiori (esseri umani, armi biologiche, rifiuti tossici), dagli armamenti alla finanza. Il rettile non ha nulla a che fare con questi soggetti. E’ vecchio, cinico, stanco e sfiduciato. La sua donna è morta ammazzata, e lui sappiamo che ha ancora una vendetta da compiere. Ha visto morire tanti amici intorno a se, e non vede alcun tipo di futuro di fronte a se. Questo però non gli impedisce di rischiare tutto ciò che ha per salvare una bambina, e solo perché è una bambina.
Hasta siempre, Chance Renard !

Pubblicata su Sugarpulp !